mercoledì 19 gennaio 2011

E' suo il furgone?

Ero al bar con il Malva. Un venerdì mattina grigio cenere. Di quelli che a Febbraio ce ne sono troppi.

Io avevo un colloquio di lavoro per una ditta sfigata di import export. A breve avrei provato a vendermi per la terza volta in questo mese. Non ero dell'umore giusto, e il Malva, quella mattina, mi aveva raccolto su per provare a far rinvenire la mia solita faccia da paraculo.
Lui ha ordinato due cappucci e mi ha raggiunto al tavolino. Avete prestente quella sensazione di stomaco molle che si impara a riconoscere fin dalle elementari? Quando c'è un test, un esame in vista, o una qualsiasi prova da superare? Beh, tutte le mie frattaglie mi stavano shackerando alla grande il cappuccino, lasciandomi già presagire il verdetto del colloquio. Il Malva mi vedeva taciturno e tentava maldestro di pomparmi un po'. Ero scazzatissimo. Non avevo voglia di stare bene, in quel momento. Il tizio del furgone è stato sfortunato quel giorno. Di norma non faccio così. Di norma sono un bravo ragazzo.
Quello è entrato, con una giacchetta DHL, tutto rosso di freddo.
Ha iniziato ad abbaiare riguardo a un furgone bordeaux, abbandonato davanti a un passo carraio. Con le quattro frecce.

"E' suo il furgone, là fuori? Devo uscire con il camion!"
"No, mi spiace."
"No..."
"No, non è mio!"

Quello non mollava, ed è arrivato fino al nostro tavolo. Guardandosi intorno, come se cercasse una targa stampata su una fronte, arrivò a guardare fisso prima il Malva e poi me.

"Sapete di chi è il furgone?"

Il malva fece spallucce.
Io pure.

Il DHL mi soppesò con lo sguardo stanco, un po' infastidito. Nemmeno io ero a mio agio, e quindi?
Poi il tizio rivolse di nuovo un'occhiata generale e, questa volta, chiese alzando un po' la voce:

"Davvero non sapete di chi è?"

Una minima di occhiate reciproche e poi tutti sono ritornati alle loro colazioni.
Noi anche.
Finimmo con calma la colazione. Ignorando il povero pellegrino.

Dalla vetrina del bar si vedeva sto camion DHL bloccato dal furgoncino rosso piazzato lì davanti. Le quattro frecce si arrampicavano sugli specchi a giustificare quel casino.
Guardavo il Malva, serissimo, quasi un po' incazzato.
Va beh...
Ci alzammo, pagammo, superammo il diaccaellino imprigionato e uscimmo in strada.
Il Malva fu il primo.
Aprì la portiera, entrò e avviò il furgone rosso con estrema calma.
Io, alla sua destra, mi voltai a fissare il corriere a bocca aperta dentro il bar.
Lo fissai dritto dritto nelle palle degli occhi. Quello stava zitto. Stava realizzando.
Mi accesi una sigaretta e abbassai il finestrino con un ghigno.
Il tizio era uscito in strada tutto bello incazzoso, ma noi eravamo già lontani.
Lo osservai nello specchietto retrovisore mentre mi scendeva una boccata di fumo.
"Sì, ora meglio." Pensai.
Grazie al Malva.
Il colloquio, a quel punto, era come cosa fatta.

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